FRIEDRICH FROEBEL E I GIARDINI D'INFANZIA
Secondo Frobel il bambino non era più solo da alfabetizzare e custodire, ma ad esso si riconosceva anche il diritto di giocare e di apprendere attraverso il gioco. Dopo aver trascorso un periodo accanto a Pestalozzi come assistente, aprì nel 1817 la sua prima scuola. Nel 1840 diede all'suo istituto il nome di Kindergarten, ovvero giardino d'infanzia per rimarcare la differenza rispetto alle altre scuole del tempo. Egli stampò anche un saggio nel quale esaltò l'opera educativa della donna e l'amore per i bambini, sostenuto dalla conoscenza e dal rispetto delle leggi della crescita naturale. Secondo Frobel lo scopo dell'educazione è la conoscenza della natura nella molteplicità delle sue forme e delle sue configurazioni. L'educazione quindi deve essere un sostegno per l'autorealizzazione personale e deve sperimentare il senso divino nella realtà della natura. Lo studioso fa riferimento all'educazione naturale di Rousseau e su questa basa la sua proposta di educazione infantile nei termini di un "giardino".
Il gioco fu concepito da Frobel come il baricentro dell'educazione infantile e viene visto come uno strumento per favorire l'espressione in maniera creativa. Su questa base si sviluppò anche l'idea dei "doni" ovvero di giocattoli dotati di un potere simbolico in grado di far intuire al bambino le leggi che governano il mondo. Il primo dono era rappresentato da una palla elastica alla quale venivano associate delle specifiche attività pratiche. Padroneggiando la palla il bambino familiarizzava con le proprietà fondamentali dei corpi. Il secondo dono consisteva in una sfera e in un cubo di legno e tramite questi oggetti si dimostrava al bambino l'armonia che governa ciò che apparentemente è contrario: la stabilità e l'instabilità. Il terzo era costituito da un cubo diviso in 8 piccoli cubi e il quarto in un altro cubo distribuito in tavolette di spessore e lunghezza diverse e questi avevano il compito di fare "vedere dentro" al bambino e di manipolare oggetti grandi e piccoli.
LE INIZIATIVE PER I "GIOVANI POVERI ABBANDONATI"
Le pratiche educative erano predisposte in modo pratico così da rispondere alle esigenze dei ragazzi: assistenza materiale, ospitalità, istruzione e avviamento al lavoro. L'idea che era meglio educare al bene piuttosto che reprimere al momento dell'errore, si traduceva in un'autorità esercitata talvolta in modo rude e nel prevalere dell'interesse generale su quello personale.
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